No all'incomunicabilità La crisi, i partiti, il Pri di Saverio Collura Il Parlamento ha eletto i rispettivi presidenti della Camera dei deputati e del Senato. Chi, sull'onda di questo risultato, scontato in un ramo (Camera) ed abbastanza problematico nell'altro (Senato), fosse portato a ritenere che il quadro politico post elettorale possa trarre chiarimenti e quindi benefici in prospettiva è destinato, a mio parere, a rinfoderare molto presto ogni aspettativa positiva. Poco o nulla è cambiato dal punto di vista della prospettiva di un governo politico: la netta e profonda differenziazione tra PD e M5S rimane confermata, e se possibile accentuata, a causa della manciata di voti di alcuni transfughi "grillini" in favore del sen. Grasso, fatto questo che ha ulteriormente (almeno a breve) esacerbato il comportamento del leader di quel movimento, Così pure appare sempre netta l'incomunicabilità tra il PD ed il PdL, e non sarà possibile alcuna collaborazione tra di loro; a meno che Alfano ed il suo partito non si consegneranno disarmati ed in completa spoliazione al cospetto della sinistra (non solo del PD) tutta. L'ulteriore considerazione che viene naturale e consequenziale riguarda l'ignavia politica del raggruppamento elettorale di centro, che soffre, al momento, l'indeterminatezza dei comportamenti, la nebulosità delle prospettive, e soprattutto la difficoltà ad ancorarsi ad un progetto strategico, oggi più che mai necessario, dal momento che, passata la fase acuta della disputa elettorale, diventa sempre più rischiosa e fragile per un movimento politico l'identificazione ed i riferimenti di tipo personalistici. Conseguentemente appare di sempre maggiore consistenza ed attualità, per non dire necessità, la proposta del Governo del Presidente (non il governo dei tecnici), secondo le coordinate politico-istituzionali a suo tempo indicate da Bruno Visentini. In prospettiva le istituzioni Repubblicane-Parlamentari potranno assumere un ruolo sempre più centrale ed incisivo, elementi questi che necessariamente produrranno, in tempi non certamente dilatati, un ritorno alle urne. Le forze politiche che non sapranno utilizzare questo lasso di tempo per ridefinirsi e riqualificarsi, sia in termini di progettualità politica, che di programmi efficaci e adeguati alla crisi del Paese, saranno destinate all'estinzione; è necessario dare risposte al senso di scoramento e di paura del futuro che attanaglia l'opinione pubblica, ed i giovani in particolare. Con tutte queste questioni è chiamato a misurarsi il Pri: deve fornire risposte che possano raggiungere gli animi degli italiani, soprattutto in una situazione di aridità diffusa di ideali, di speranze, di alti obiettivi di ordine morale, sociale e culturale; in sostanza di come realizzare la rifondazione della Repubblica, della nuova convivenza, della nuova consapevolezza sociale. Durante tutto lo scorso anno, sino agli eventi pre e post elettorali, il PRI, avendo percepito la crisi incombente e dirompente del bipolarismo barbaro, aveva individuato un percorso finalizzato ad un rinnovato e ridefinito progetto politico programmatico. Ne sono evidenza l'indicazione della costituente liberal-democratica, ed il significativo lavoro svolto, e quasi concluso alla fine del 2012, di ridefinizione, aggiornamento e puntualizzazione dei nuovi contenuti programmatici. Non va però taciuta la spesso malcelata diffidenza rispetto ad un progetto che necessariamente veniva a turbare l'equilibrio politico scaturito dal congresso di Bari, aspetto quest’ultimo non metabolizzato da settori del partito; e ciò nonostante l'indiscutibile evidenza della profonda crisi che attanagliava il centrodestra, che, incapace di governare la grave crisi economica, finanziaria e di credibilità internazionale, doveva lasciare la guida dell'Italia ad un governo di tecnici: fatto questo non usuale nei paesi europei. Ne è conseguito che alla prima seria difficoltà, collegata alla prospettiva elettorale, il partito decide di riprendere un discorso ed un percorso di non significativa prospettiva, pur se collegati ad un importante obiettivo quale voleva essere il rientro nelle istituzioni parlamentari. E tutto ciò, nonostante apparisse probabile, data la crisi in atto, il ridimensionamento elettorale del PdL. Cosa resta oggi? Prima il corpo del partito chiude le varie diatribe in atto, prima si potranno affrontare proficuamente i temi del futuro del PRI. Il documento dell'ultima Direzione nazionale è in tal senso molto significativo, come pure utile è la tematica connessa al documento di accordo tra UDC e PRI, sottoscritto poco prima della recente apertura delle urne elettorali. Esso può essere uno strumento per rilanciare un dato di fondo della dinamica politica italiana: il rapporto e la collaborazione tra i movimenti di ispirazione cattolica e laica. Certamente, data la crisi in atto nei due campi politici, sarà necessario pensare a come definire strumenti, percorsi ed iniziative che possano sollecitare il consenso dei cittadini. Con altrettanta chiarezza e franchezza dovremo porci il problema della nostra "azione" elettorale, sia in vista del possibile ritorno anticipato alle urne, sia come impegno di presenza nelle istituzioni locali. |